L'amuleto d'oro

scritto da POETA_IMPESTATO
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Ecco a voi il mio primo testo in prosa ;)
- Nota dell'autore POETA_IMPESTATO

Testo: L'amuleto d'oro
di POETA_IMPESTATO

Ciao! Io sono Mark Cleverly e sono stato incaricato dal mio capo di raccontarvi questa storia realmente accaduta. Era il mese del vapore nella città di Vaporea e sin dall’alba si percepiva un’aria pesante. Dovete sapere infatti che, come ogni anno, durante il mese del vapore in tutte le città del continente avanzato si tengono le elezioni per eleggere il nuovo sindaco. La città non vedeva l’ora del fatidico giorno delle elezioni. Quell’anno il sindaco era Maschek Williams, un esponente dei vaporisti, mentre il suo rivale era Isaac Parkes, un esponente degli ingranaggisti. Storicamente le elezioni a Vaporea sono sempre state a favore dei vaporisti ma quell’anno si credeva fortemente che non sarebbe andata così. La città di Vaporea era di modeste dimensioni ed era situata al centro del territorio comunemente chiamato “Grande Isola”. La citta’ era divisa in due fazioni: quella vaporisti a est e quella degli ingranaggisti a ovest; da poco tempo pero’ la citta’ si era espansa a nord dando origine ad una nuova fazione, gli elettrici che pero’ non erano riconosciuti dal governo del Continente Avanzato. Maxine Barman, una giovane inventrice, viveva nella parte più povera di Vaporea (quella degli Ingranaggisti). Maxine era una ragazza nel pieno della sua età produttiva con una forte voglia di cambiare il mondo. Maxine infatti non si accontentava delle invenzioni tradizionali, come mezzi da lavoro autonomi o mezzi di trasporto volanti ma voleva qualcosa di più: il cuore pulsante della macchina perfetta, qualcosa che avrebbe rivoluzionato il mondo intero. Da anni, infatti, stava cercando l'AMULETO D’ORO", una reliquia leggendaria che si diceva avesse il potere di alimentare l'intera città con un'unica fonte di energia. Secondo le voci, l’Amuleto d’Oro era stato creato dai pionieri dell'era industriale che avevano costruito una macchina che univa l'anima di un uomo con quella di una macchina, ma che, con il tempo, era scomparso, sepolto nelle profondità della città.
Per raggiungere il suo obiettivo, Maxine, si avventurava ogni giorno nei bassifondi di Vaporea, tra fogne trasandate e canali sotterranei per le acque di scolo delle grandi fabbriche, alla ricerca di indizi sull' “Amuleto d’Oro". Gli ingranaggisti, che avevano sempre considerato la meccanica una vera e propria religione, la vedevano come una sognatrice, ma non come una minaccia. Tuttavia, la sua ossessione per l'Amuleto d'Oro aveva sollevato enormi preoccupazioni tra i suoi compagni, che, per questo, la giudicavano troppo debole per riuscire nel suo intento. Ma Maxine non si arrendeva. Ogni pezzo di metallo, ogni ingranaggio, ogni vite che riusciva a trovare nelle vecchie officine abbandonate la avvicinava al suo obiettivo.
Nel frattempo, la tensione in città aumentava. Le elezioni per il nuovo sindaco si avvicinavano, e nessuno sapeva cosa sarebbe accaduto. Maschek Williams, il sindaco in carica, aveva promesso di mantenere il predominio dei vaporisti, ma Isaac Parkes, il suo rivale, stava guadagnando sempre più consensi. La promessa di un futuro più meccanizzato, fondato su motori e ingranaggi piuttosto che sul vapore, stava attirando anche la classe operaia, che cominciava a guardare con sospetto la vecchia tecnologia che aveva sostenuto la città per decenni.
Maxine, pur essendo cresciuta nella zona povera della città, non era indifferente alla lotta politica. Sapeva che un cambiamento nel governo avrebbe avuto ripercussioni anche sulle sue ricerche. La sua mente brillante, però, non si lasciava distrarre dalle polemiche politiche, perché il suo obiettivo era chiaro: trovare l’Amuleto.
Un giorno, mentre frugava in un vecchio deposito di rottami, Maxine fece una scoperta che avrebbe potuto cambiare il corso della storia di Vaporea. Tra una pila di vecchi motori a vapore e arnesi arrugginiti, trovò una piccola scatola di ferro, decorata con strani simboli incisi. Non era la reliquia che cercava, ma c'era qualcosa di misterioso in quella scatola.
Dentro c’era un frammento di un’antica mappa, scolorita e strappata in alcuni punti, ma abbastanza chiara da suggerire una direzione. La mappa indicava una zona sotterranea della città, una sezione dimenticata dalle autorità, un labirinto di passaggi segreti sotto il cuore pulsante di Vaporea.
Maxine sapeva che quella mappa era la chiave per trovare l’Amuleto d’Oro. Ma c’era un problema: la zona che indicava era sotto il quartiere dei vaporisti. Le strade polverose di quella parte della città erano segnate dalla forte presenza di Maschek Williams e dei suoi sostenitori, i quali avrebbero fatto di tutto per impedire che un'invenzione così potente finisse nelle mani sbagliate.
Era una sfida che Maxine non poteva rifiutare. La sua curiosità e il desiderio di cambiare il mondo avevano superato ogni paura. Decise che sarebbe scesa nelle viscere di Vaporea quella notte stessa, accompagnata solo dal suo coraggio e dal suo migliore amico, Horace Smith. Horace era un giovane ingranaggista che aveva sempre avuto un debole per la mente acuta di Maxine,e che le aveva promesso il suo aiuto, pur non condividendo in pieno le sue ambizioni. Horace, però, era convinto che Maxine rappresentava l’unica speranza di un futuro migliore, un futuro in cui la città non fosse più divisa tra fazioni, ma unita da una forza comune: l’Amuleto d’Oro.
Maxine si fece strada attraverso i vicoli bui, il rumore degli ingranaggi che scricchiolavano sotto il peso dei suoi passi, e il battito del suo cuore che risuonava forte nel petto. La mappa la guidava, come una lanterna in una notte oscura, fino a una porta di ferro arrugginita, nascosta tra due edifici. Senza esitare, sollevò il pesante battente e ci scivolò dentro, seguita da Horace.
Il silenzio regnava sovrano mentre di sopra la città era ignara di tutto quello che stava succedendo nel sottosuolo.
Il sotterraneo si era trasformato in un labirinto, con migliaia di tunnel polverosi e stretti, illuminati solo da deboli luci a gas. Ogni passo risuonava tra le pareti, ma Maxine non si fermò. La mappa che teneva in mano la stava conducendo sempre più in un angolo buio. Lì, l’aria era densa di ruggine e umidità, e Maxine sapeva esattamente dove si trovava l’amuleto. Il suo volto tradiva una certa cautela per la paura, mentre Horace, che la seguiva, era teso, ma era consapevole che lei sapeva cosa stava facendo. «Sei sicura che siamo al sicuro?» chiese, abbassando la voce mentre un rumore di porta che si apriva si faceva sentire dietro di loro. «Sì, Horace» rispose Maxine, seguendo la mappa con attenzione. «Siamo nell’unico posto in cui potrebbe trovarsi l’amuleto. Lo sento.»
Dopo pochi istanti di cammino i due arrivarono di fronte ad una cupa porta arrugginita. Maxine si avvicinò alla porta e notò che era già stata aperta in precedenza. «Cavolo!» esclamò, «c'è qualcun'altro che sta cercando la stessa cosa che stiamo cercando noi!». A quel punto i due, seppur con un pizzico di paura in più, attraversarono la porta.
La porta si chiuse dietro di loro con un rumore metallico che risuonò nell'oscurità come un presagio di morte. L’interno della stanza era quasi privo di luce, ma Maxine percepiva l’atmosfera carica di tensione. Con la mappa in mano, Maxine si avvicinò cautamente, seguita da Horace, il quale, pur non amando l’idea di trovarsi in un luogo tanto misterioso, non riusciva a distogliere lo sguardo da quella mappa che, passo dopo passo, li conduceva verso qualcosa di straordinario.
I due si trovarono davanti a una grande sala sotterranea, la cui parete principale era dominata da una serie di enormi ingranaggi e leve, tutti arrugginiti e fermi, ma ancora visibili. Sembrava un laboratorio abbandonato, un antico centro di controllo per una macchina che nessuno avrebbe più osato far funzionare. Al centro della stanza, su un piedistallo di ferro battuto, c'era qualcosa che brillava: l'Amuleto d'Oro.
Maxine esitò, il cuore le batteva forte nel petto. Non riusciva a credere ai suoi occhi: era proprio lì. Ma qualcosa non andava. Una strana sensazione l’aveva invasa. Si guardò intorno e in quel momento lo capì. Non erano soli.
Un passo dietro di loro, nella penombra, si fece avanti una figura. La sagoma alta e imponente apparteneva a una persona che Maxine riconobbe immediatamente: Maschek Williams, il sindaco dei vaporisti, con la sua giacca di pelle nera e il volto segnato dalla determinazione.
«Pensavate davvero che fosse così facile?» la sua voce rimbombo’ nella stanza. «Io sono stato a lungo alla ricerca di questo potere. l’ Amuleto d'Oro non è tutto. Quello che cercate e’ solo l’inizio. l’amuleto d’oro è il cuore di una macchina che non solo alimenterà Vaporea, ma dominerà il continente. E io sarò il suo padrone.»
Horace si fece avanti, nervoso. «Maschek, non puoi usarlo. Non capisci cosa potrebbe succedere. L'Amuleto ha il potere di cambiare il mondo, ma non deve cadere nelle mani di chi vuole controllarlo.»
Maxine si avvicinò all’Amuleto con un passo deciso. La sua mente razionale, però, la tradiva. Non poteva fidarsi di Williams. Non ora che aveva visto con i propri occhi la sua brama di potere. La sua voce era calma, ma la determinazione era tangibile.
«Sei troppo concentrato sul controllo, Maschek,» disse. «La vera forza di Vaporea non è nella dominazione, ma nell’unione. Noi, i vaporisti, gli elettrici… dobbiamo lavorare insieme per unire le forze, non dividerle. L’Amuleto d’Oro non deve appartenere a nessuno. Deve essere un simbolo per tutti noi, una nuova energia per un mondo migliore.»
Maschek si avvicinò lentamente, con un sorriso che nascondeva qualcosa di oscuro. «Tu non capisci, Maxine. Questa città è stata costruita su una macchina, ed è la macchina che la governerà. L’Amuleto è solo il prossimo passo. Senza di esso, Vaporea non sopravviverà. Se non me lo consegnerai, farò in modo che nessuno possa mai usarlo.»
Maxine strinse i denti. La sua mano sfiorò l’Amuleto, e un'ondata di energia la percorse, facendola tremare. L'Amuleto d'Oro, il motore perfetto, sembrava rispondere alla sua presenza, come se avesse riconosciuto il suo desiderio di cambiare le cose.
«Non posso permetterti di fare questo,» disse con fermezza. «Questo potere non è per uno solo. E non ti lascerò usarlo per i tuoi scopi egoistici.»
Le luci nella stanza iniziarono a tremare. Maschek alzò le mani, e le leve intorno a lui iniziarono a muoversi. Gli ingranaggi iniziarono a scricchiolare. Ma Maxine non si lasciò intimorire. In quel momento, capì che non c’era più tempo per le parole. Doveva agire.
Con un movimento rapido, afferrò l’Amuleto, e quando le sue mani toccarono il metallo caldo, il campo di energia che lo circondava esplose in una serie di lampi di luce accecante. Una fitta nebbia di vapore e fulmini si sollevò, mentre la stanza tremava sotto il potere dell’Amuleto.
Maschek, sorpreso, si fermò. «Cosa… cosa hai fatto?!»
Maxine non rispose. L’Amuleto pulsava con una forza crescente, irradiando una luce dorata che illuminava ogni angolo della stanza, creando una sensazione di grande potenza che sembrava far vibrare l’intera città. Fu in quel momento che Maxine comprese veramente la portata di ciò che aveva tra le mani. L’Amuleto d’Oro non era solo una fonte di energia, ma un catalizzatore per una rivoluzione che stava per cambiare per sempre le sorti di Vaporea.
«Questo non è il fine,» disse, con un sorriso che sfidava ogni paura. «Questo è solo l'inizio.»
Maschek, ormai incerto, fece un passo indietro, consapevole che il controllo della città gli sfuggiva dalle mani mentre Maxine, tenendo stretto l’Amuleto, sapeva che ora toccava a lei decidere il futuro di Vaporea.
E non avrebbe permesso che fosse un futuro di divisione.
Maxine con un senso di ansietà, che mette i brividi solo al pensiero di esso, e con una voglia immensa di cambiare il mondo risali’ in superficie.
Non fece neanche in tempo ad entrare nel suo quartiere che già tutti sapevano di quello che era accaduto precedentemente. Maxine si diresse a casa di Isaac Parkes per consegnargli l’Amuleto e per riferirgli in maniera dettagliata lo scontro con Maschek Williams.
La dimora di Isaac era di modeste dimensioni ed era situata su una collinetta al centro del quartiere. Maxine senza esitare entro’ dal cancello principale che, come era solito fare in tempo di elezioni, era aperto. Busso’. Subito una voce metallica proveniente dal grammofono posizionato sul lato destro della porta, risuono’ nel giardino:«Buongiorno. La preghiamo di andarsene subito dall’abitazione. Isaac non e’ nelle condizioni di parlare con un estraneo.»
«Sono Maxine Barman e devo parlare con il signor parkes dell’Amuleto.» Ribatte’ Maxine.
«Ah! Scusi per l’inconveniente signorina Barman. Entri pure.» rispose la voce metallica.
Si apri’ il portone. Maxine con passo svelto entro’ e appena entrata si presentò una figura imponente davanti a lei.
«Salve. Io sono Isaac Parkes. Lo so che lei e’ venuta qui solamente per consegnarmi l’amuleto ma le dico gia’ che il futuro sindaco di vaporea non sarò io. Bensi’ lei.» esordi’ Isaac con voce rauca. « Deve sapere infatti, che tutti noi ingranaggisti, appena abbiamo saputo della sua vittoria, ci siamo riuniti in questa stanza e abbiamo concordato che sarebbe meglio, anche perche’ ormai lei e’ una celebrità, che sia lei il nuovo sindaco di Vaporea.»
« Ma…? Io…? C’e’ insomma….. Ecco…. Non penso di essere la persona giusta per questo compito’» Ribatte’ Maxine con il cuore in gola.
«Stia zitta e si fidi di me!»
«So quello che faccio!» Rispose Isaac.
«E ora mi faccia il piacere di andarsene da casa mia che ho delle faccende importanti da fare!»
«Ah! Dimenticavo! Siccome quel porco di Mascheck Williams non si farà piu’ vedere; gia’ da domani dovrà compiere le sue faccende da sindaco.»
Maxine con il cuore in gola e con un mix di emozioni tra rabbia ed ansia si diresse subito al municipio dove incontro’ il suo assistente: Michael Banks.
Michael era un ragazzo, con qualche anno in più di Maxine, cresciuto nel quartiere degli ingranaggisti ma che non aveva ancora avuto la fortuna di conoscere la mente brillante di Maxine.
Michael, con i suoi capelli scuri e l'atteggiamento sempre impeccabile, la guardò con un'espressione interrogativa mentre Maxine entrava nel suo ufficio, dove una scrivania di legno massiccio era coperta da pile di documenti. Non c'era tempo per le formalità.
«Signorina Barman,» disse Michael, alzandosi per darle il benvenuto, ma si fermò subito, notando l'espressione tesa sul volto di Maxine. «Posso aiutarti in qualcosa?»
Maxine respirò profondamente, cercando di raccogliere le sue forze prima di rispondere. La tensione nel suo petto era palpabile. Non voleva essere lì, ma sapeva che non aveva scelta.
«Michael, domani diventerò il nuovo sindaco di Vaporea,» disse con un tono che cercava di sembrare deciso, ma che tradiva una certa incertezza. «Isaac Parkes ha deciso che è il momento di farmi salire al potere. Non so come mi sento riguardo a questo, ma ora il destino della città è nelle mie mani.»
Michael la guardò per un momento, non si aspettava una notizia simile ma forse, grazie a tutti i suoi anni di esperienza nella politica di Vaporea, non mostro’ nessuna aria sorpresa. Ma quella rivelazione, quella stessa franchezza da parte di Maxine, lo colpì.
«Capisco», rispose Michael, cercando di mantenere un tono professionale, ma con un velo di curiosità che non riusciva a nascondere. «E come ti senti a riguardo? Sei pronta per questo passo?».
«Non ne sono sicura, Michael. La politica è... complessa. E non ho mai desiderato essere al centro di tutto questo, ma sembra che non possa fuggire.» Si fermò un attimo, fissando Michael negli occhi. «C'è qualcosa che dovrei sapere? Qualcosa che mi sfugge?»
Michael, dopo un breve momento di insicurezza rispose:«Maxine, la politica a Vaporea è un gioco di equilibri. Isaac Parkes ha le sue ragioni, ma il suo modo di fare non è sempre... lineare. Tu dovrai affrontare sfide che non ti aspetti, e molte persone avranno aspettative su di te. Alcune buone, altre non tanto. Ma se davvero sei pronta a prendere in mano la città, dovrai essere pronta a combattere. Non solo contro i tuoi avversari, ma anche contro te stessa.»
Maxine lo guardò. Una fitta di ansia e determinazione le attraversò la mente la mente. «Non voglio diventare come lui», disse, la voce che tremava appena. «Non voglio essere una pedina in questo gioco, ma ho paura che sia già troppo tardi per fermarmi.»
Michael annuì lentamente. «Il fatto che tu stia cercando di capire se sei pronta è un buon segno. Non è mai troppo tardi per scegliere la propria strada, ma ricorda: il potere ha un prezzo. E tu, Maxine, dovrai decidere quanto sei disposta a pagare.»
Maxine rimase in silenzio per un momento, il cuore ancora stretto dalla paura e dalla rabbia, ma anche da una sorta di crescente consapevolezza. Non poteva tirarsi indietro. Non poteva permettersi di fallire. Aveva una città intera da proteggere, e forse, avrebbe trovato una strada per se stessa.
«Va bene», disse infine, con voce più sicura. «Sono pronta a combattere. Ma lo farò a modo mio.»
Michael le lanciò uno sguardo pensieroso, come se stesse cercando di capire fino in fondo cosa volesse dire Maxine con quelle parole. «Spero che tu sia pronta per tutto quello che comporta.»
Maxine annuì, gli occhi ora le bruciavano di determinazione. Non c'era più tempo per incertezze.
Maxine dopo essersi schiarita le idee decise di mettersi subito al lavoro per “migliorare” la città di Vaporea. Prese l’enorme pila di documenti che era appoggiata sul lato destro della scrivania e inizio’ a leggere uno dopo l’altro tutti i vari problemi della citta’.
Mentre Maxine sfogliava i documenti, le sue mani tremavano leggermente. Ogni foglio che leggeva rivelava la complessità della situazione: bilanci disastrosi, corruzione radicata, infrastrutture fatiscenti e, soprattutto, una città divisa. Vaporea non era solo una metropoli in declino, ma un luogo dove le persone si sentivano invisibili, abbandonate dai loro governanti.
Maxine sospirò, mettendo da parte un fascicolo e fissando la finestra. Il cielo esterno sembrava rispecchiare il suo stato d’animo: grigio e minaccioso. Sentiva di non essere pronta, eppure, in qualche modo, sapeva che non c'era altra via d'uscita. Era la sua occasione, ma anche la sua maledizione.
Michael la osservava in silenzio. Aveva scelto di rimanere a distanza, consapevole che Maxine aveva bisogno di tempo per assimilare tutto, per capire come affrontare quel caos che le stava crollando addosso. Ma la sua presenza era costante, come un'ombra discreta che cercava di farle capire che non era sola in quella battaglia.
Maxine era convinta che le cose sarebbero andate diversamente. Credeva di poter spezzare il circolo vizioso che imprigionava Vaporea in una spirale di corruzione e disperazione. Aveva assunto il suo ruolo, pronta a combattere e a proteggere la sua gente. Tuttavia, con il passare dei giorni, la sua determinazione cominciò a vacillare, e la città le rivelava una realtà ben diversa da quella che aveva immaginato.
Le riunioni con i consiglieri e i leader locali non facevano altro che confermare le sue paure: la politica a Vaporea non riguardava il fare ciò che era giusto, ma saper quando piegarsi, quando manipolare e quando tradire. La sua mente, brillante e acuta, iniziò a cogliere i sottili meccanismi che governavano la città. Ogni decisione, ogni legge, ogni parola sembrava intrecciata in un complesso gioco di potere che sfidava ogni principio morale.
Una sera, seduta nel suo ufficio, Maxine osservava il tavolo di legno massiccio, ora quasi completamente vuoto, con solo pochi documenti rimasti da esaminare. Il peso della responsabilità le schiacciava il petto, ma la verità che stava emergendo era innegabile: Vaporea era come un enorme ingranaggio, e Maxine stava lentamente diventando parte di esso, non più un agente di cambiamento, ma un burattino con le redini in mano.
Michael Banks entrò, il volto serio come al solito. «Hai esaminato le nuove proposte, Maxine?» chiese, ma notò subito che qualcosa in lei era cambiato. I suoi occhi, che prima erano pieni di incertezze, ora brillavano con una luce che Michael non riusciva a decifrare.
Maxine alzò lo sguardo. «Ho esaminato tutto, Michael. E ho preso una decisione.»
Michael la guardò, aspettandosi qualcosa di più, ma non quella risposta. «Di cosa stai parlando?»
Maxine si alzò e si avvicinò alla finestra. Le luci della città brillavano nella notte, ma a lei sembravano solo punti lontani, come stelle spente che non avrebbero mai illuminato il suo cammino. «Vaporea non cambierà mai, Michael. La città è un organismo che si autodistrugge. Se non prendo il controllo, ci sarà qualcuno pronto a farlo in modo ben peggiore.»
Michael la guardò confuso. «Maxine, non è questo il motivo per cui ti sei messa in gioco. Non volevi diventare come loro.»
«Voglio solo salvare la città,» rispose lei con determinazione, ma dentro di sé un'ombra si stava facendo strada. «E se devo diventare ciò che temevamo, allora lo farò. Ma lo farò a modo mio.»
Michael si avvicinò, preoccupato. «Non è questa la strada giusta, Maxine. Non diventare ciò che odi. La città ha bisogno di un leader, non di un tiranno.»
Maxine non rispose subito. Le parole di Michael rimbombavano nella sua mente, ma una forza che non aveva mai provato prima si stava insinuando in lei. Il potere, il controllo: era tutto a portata di mano. E se avesse dovuto sacrificare la sua anima per salvarla, lo avrebbe fatto.
«Michael, guarda,» disse infine, girandosi verso di lui. «Questa città è marcia, lo sappiamo entrambi. La gente non capisce cosa serve veramente. Hanno bisogno di una mano ferma. Di qualcuno che prenda il comando. E io... io sono pronta a farlo.»
Michael la fissò in silenzio, comprendendo che non c'era più niente che potesse dire per fermarla. Maxine aveva preso la sua decisione. La sua trasformazione era iniziata.
Maxine, ormai saldamente al comando, iniziò a mettere in atto un piano che aveva tenuto nascosto anche a se stessa. I primi giorni da sindaco erano stati caratterizzati da incontri e discussioni politiche che sembravano più un gioco di potere che un vero servizio alla città. L’idea di “salvare” Vaporea si stava facendo sempre più confusa nella sua mente, sostituita da un obiettivo più tangibile: ottenere il controllo totale.
Cominciò a prendere decisioni unilaterali, accentrando sempre più potere nelle sue mani e minando le istituzioni che avrebbero potuto bilanciare il suo governo. Le riunioni con i consiglieri locali si trasformarono in semplici incontri di ratifica delle sue leggi, mentre le voci di dissenso venivano soffocate da minacce velate, che presto divennero esplicite. La gente, che un tempo sperava in un cambiamento, si trovò di fronte a una realtà ben diversa: una città sempre più oppressa dalla paura e dalla censura.
Michael osservava da lontano, ma non riusciva a rimanere in silenzio. Ogni passo che Maxine compiva lo allontanava dalla persona che conosceva, dalla brillante e appassionata leader che desiderava il bene della sua gente. Ora, vedeva in lei solo una figura inquietante, troppo distante dalla giovane donna che aveva osato mettere in discussione il potere.
Una sera, dopo aver firmato un altro decreto che limitava ulteriormente la libertà di stampa, Maxine si trovò di fronte a uno specchio. La sua immagine riflessa non era quella di una donna pronta a portare il cambiamento, ma di una figura dura e fredda, che indossava il potere come una maschera. Il suo sguardo si fissò negli occhi della persona che la guardava: una sconosciuta che aveva sacrificato ogni principio per arrivare fin lì. «Lo faccio per Vaporea», si ripeté, cercando di convincere se stessa.
Le sue azioni divennero sempre più violente. Le opposizioni vennero schiacciate con la forza, e le strade della città, un tempo piene di vita, furono percorse da soldati pronti a mantenere l'ordine, che spesso significava soffocare ogni voce dissonante. La gente cominciò a temere di parlare, i mercati furono regolamentati, e ogni iniziativa popolare fu soppressa in favore di un rigido controllo centralizzato.
Vaporea, che un tempo era stata una città vibrante, ora era un luogo grigio e silenzioso, dove la paura regnava sovrana. Le sue strade, un tempo piene di speranza, erano ora deserte, come se la vita stessa fosse stata strappata dalla città.
Un giorno, Michael si presentò nel suo ufficio, deciso a confrontarsi con lei. Non poteva più restare in silenzio, non poteva più assistere alla distruzione della città sotto il peso delle sue azioni.
«Maxine,» disse, con un tono deciso ma velato di preoccupazione. «Cosa stai facendo? Questo non è il cambiamento che desideravi. Non è la strada giusta.»
Maxine alzò lo sguardo, gli occhi brillanti di determinazione. «Non capisci, Michael. Questo è l'unico modo. La città ha bisogno di una mano ferma, di qualcuno che non abbia paura di fare ciò che è necessario.»
«Quello che stai facendo non è necessario, Maxine. È tirannia. La tua stessa anima è in gioco. Vaporea è sull'orlo del baratro, e tu la stai spingendo sempre più giù.» Michael la guardò con dolore. «Non è mai troppo tardi per fermarsi. Puoi ancora cambiare.»
Maxine non rispose subito. Un attimo di dubbio le attraversò la mente, ma fu solo un momento. Poi, guardando Michael, capì che non c'era più ritorno. Era troppo lontana ormai, troppo potente. E nel profondo, sentiva che non poteva fermarsi, anche se lo avesse voluto.
«La città è mia ora,» disse, con voce bassa e minacciosa. «E farò tutto ciò che serve per mantenerla.»
Michael fece un passo indietro, deluso e impotente. Sapeva che nulla avrebbe potuto fermarla. La città era ormai nelle mani di un leader che aveva scelto il potere a qualsiasi costo.
Maxine si voltò verso la finestra, osservando le luci che brillavano in lontananza. Era fatta. Vaporea non avrebbe mai più avuto una possibilità di riscatto. Aveva preso il controllo, ma a quale prezzo?
Nel silenzio che seguì, la consapevolezza della sua scelta divenne palpabile. Ogni passo che aveva fatto l'aveva avvicinata sempre di più a una verità inevitabile: il suo cammino avrebbe portato alla distruzione della città che una volta amava. Ma per lei, ormai, non c'era altro da fare. Aveva scelto il potere, e Vaporea era destinata a soffrire sotto il suo regime, finché non sarebbe rimasto più nulla da distruggere.
La città di Vaporea, un tempo simbolo di progresso e innovazione, era ormai ridotta a un’ombra di se stessa. Sotto il peso del regime di Maxine, il popolo viveva nell’ombra della paura e della repressione, senza alcuna speranza di cambiamento. Le sue strade erano deserte, le sue voci soffocate. Ogni angolo della città sembrava essere stato inghiottito dal silenzio e dalla disperazione, come se anche l’anima di Vaporea fosse stata risucchiata nel buio.
Maxine, che una volta aveva sognato di risollevare la città, si trovava ora a guidarla verso la rovina. Non c’era più spazio per la compassione, né per il sogno di una Vaporea migliore. La sua mente brillava ancora di lucidità, ma il cuore si era ormai indurito.
Michael, che l’aveva conosciuta come una giovane idealista, osservava ora la sua città sgretolarsi sotto il peso delle sue stesse azioni. Ogni giorno, si rendeva conto che la lotta per il cambiamento non aveva avuto successo, e che la città stava precipitando verso un'inevitabile distruzione. Ma non c’era più speranza di fermare Maxine. Il suo spirito, che un tempo brillava con la promessa di un futuro migliore, era ormai incatenato al potere che aveva conquistato a qualunque costo.
Vaporea, con le sue cicatrici profonde e le sue rovine, era destinata a diventare una lezione tragica di come anche il desiderio più puro di cambiamento possa degenerare, se alimentato dall’avidità di potere. La città, come il suo nuovo sindaco, si sarebbe lentamente consumata, incapace di salvare sé stessa, mentre il potere, che un tempo sembrava una via per il riscatto, si rivelava la sua più grande condanna.
E così, in un silenzio pesante, Maxine guardava la città che aveva cercato di cambiare, consapevole che l'aveva distrutta con le sue stesse mani. La fine era vicina, ma era troppo tardi per fermarsi. La macchina di Vaporea continuava a girare, mentre la città e la sua anima cadevano nel vuoto, senza possibilità di ritorno.
L'amuleto d'oro testo di POETA_IMPESTATO
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